Presentazione di Bugie vere alle Giubbe Rosse .

Da sinistra: Berlinghiero Buonarroti, Paolo della Bella, Roberto Incerti, Massimo Mori.

 

 


 
 
ECCO LE BUGIE «VERE» DI PAOLO DELLA BELLA
C’è un libriccino col lucchetto pieno di voglia d’Avanguardia

di Riccardo Jannello

Ha festeggiato 50 anni regalando (e regalandosi) un libriccino, un «oggetto» minuto e artigianale, ma non per questo meno importante e prezioso. Costa molto (100 mila lire per la chicca) Bugie vere, ma le perle di Paolo della Bella  - e degli amici di Ca Balà, antica rivista di satira e humour, che sono un tutt’uno con le poesie e i disegni dell’autore - meritano rispetto. Intanto sono autografate e numerate; quindi eseguite con grande perizia, sia cromatica sia letteraria ed editoriale (Amanrote); infine hanno, nella loro supposta modestia, padrini straordinari: un disegno che ricorda il Don Chisciotte di Picasso in copertina, una dedica col manifesto del dadaismo a opera di Tristan Tzara, un lungo brano di Dubuffet tratto dal progetto preliminare all’art brut. I movimenti dell’arte e della letteratura contemporanea danno al lavoro di Della Bella una patina di avanguardia bella e buona. Avanguardia che nel ‘77, anno delle brevi, ma intense liriche corredate da disegni surreali e coloratissimi, sgorgava nel sangue suo e di Ca Balà, postasi a difesa degli emarginati e di anonimi, immaginari, creatori di sogni.
La particolarità del piccolo evento è un fatto principalmente estetico, per carità, ove il sogno e il gioco si mischiano senza barriere. Che ne dite di un libro chiuso a chiave? Così è questo Bugie vere: il lucchetto di uno scrigno, la piccola serratura che si apre e chiude a ogni lettura. E se l’ingranaggio si rompe? Il libro è prezioso, dicevamo, e dunque va trattato come le cose preziose: non bisogna abusarne, come degli affetti: quelli che gli amici dimostrano a Paolo della Bella sgorgano dal cuore e al cuore tornano, senza ritegno. Don Chisciotte è in lui e in tutti quelli che hanno seguito il percorso da Ca Balà a oggi: disegni suggestivi, lampi di colore, montaggi fotografici che danno forza alle cose da dire (una grande bocca: le parole non si possono frenare) o la fantasia che non può essere limitata, che non ha età tanto che chi non la coltiva, come dice Dubuffet, «è un manichino, un essere dappoco».
Se gli affetti di Buonarroti, Braschi, Nencini, Albani, Pinzauti, Incerti, Mineccia, Frangioni, Pesci, Zetti, Perugi sono collaterali, i sogni di Della Bella, impigliati tra le gambe del comodino, viaggiano liberi fra il disegno e la grafica, la poesia e la fotografia, il sogno e l’utopia, l’anarchia e la rassegnazione: i sogni sono a bizzeffe, di speranze se ne riempie un supermercato, le carezze fanno il resto, basta non rinunciare: «io sono Don Chisciotte per fortuna, e perché mai dovrei uccidere il chiaro di luna?».

(La Nazione 7.01.95)

 

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